Recensioni: “Il signor Han” di Hwang Sŏk-yŏng

Uscito in patria nel 1972, Il signor Han è il titolo del primo romanzo dello scrittore dissidente coreano Hwang Sŏk-yŏng. Pubblicato in Italia da O barra O edizioni, il libro racconta la storia di una famiglia distrutta a causa della Guerra di Corea.

Con le due guerre mondiali del 1914-18 e del 1939-45, il Novecento può essere definito, senza tema di smentita, il secolo delle guerre. Il Secolo breve – secondo un’altra definizione, ben conosciuta e fortunata, del britannico Eric Hobsbawm – è stato contraddistinto da continui conflitti armati, alcuni dei quali poco conosciuti e ricordati, fagocitati dalle succitate guerre globali e scivolati in quell’oblio in cui piombano i conflitti da cui una certa parte del mondo – quella che ne tramanda la memoria alla propria platea di uditori – non ne è uscita affatto in maniera gloriosa, tutt’altro.

Uno fra questi è quello che scoppiò nell’estate del 1950 sul trentottesimo parallelo Nord: la Guerra di Corea.

Lo scontro che diede come esito la definitiva divisione della Penisola coreana in due distinte nazioni fa da sfondo al romanzo dal titolo Il signor Han dello scrittore coreano Hwang Sŏk-yŏng. Il libro è pubblicato da O barra O edizioni con la traduzione di Andrea De Benedittis, docente di Lingua e letteratura coreana all’Università di Napoli “L’Orientale”.

La vita di Hwang Sŏk-yŏng, fra lotta di resistenza e persecuzione

La lettura dell’opera di Hwang non può prescindere dalla conoscenza della sua esistenza travagliata. Nato nel 1943 in Manciuria – regione storico geografica dell’Estremo Oriente, al tempo uno stato formalmente indipendente ma in sostanza sotto il controllo dell’Impero giapponese –, Hwang provò in prima persona gli orrori della guerra. Nel 1967, infatti, fu chiamato a combattere in un’altra guerra simbolo del Novecento, quella del Vietnam, fra le milizie sudcoreane alleate del Vietnam del Sud e degli Stati Uniti (poi usciti sconfitti dal sanguinosissimo scontro armato durato vent’anni, dal ’55 al ’75).

Nella primavera del 1980, dopo avere partecipato alle manifestazioni pubbliche contro il regime di Chun Doo-hwan, il nome di Hwang Sŏk-yŏng fu iscritto sul taccuino nero del governo. Esiliato dapprima in Germania, al rientro in Corea del Sud nel 1993 fu arrestato e condannato alla reclusione per sette anni – due gli saranno amnistiati dal presidente Kim Dae-jung, Nobel per la Pace nel 2000.

Una famiglia separata dalla guerra

Ne Il signor Han (pubblicato in patria nel 1972), l’autore, fra i maggiori scrittori orientali tradotti in Occidente, usa il mezzo del flashback per portarci nel cuore delle vicissitudini del dottor Han, medico di campo in un ospedale prossimo alla linea del fronte, sprovvisto di medicinali e strumenti ma colmo di moribondi; un romanzo che trae spunto dalla storia personale della famiglia dello scrittore coreano, nello specifico dello zio materno e della madre, rispettivamente il protagonista del libro e sua sorella, vittime dello spaventevole vortice generato dalla guerra fra le due Coree.

“Han non era più né un professore, né un medico, né un profugo: era un insieme di carne e ossa alla mercé della follia di quell’epoca.”

Principiata con la solita tremenda illusione che gli attriti possano risolversi in poche settimane, la Guerra di Corea proseguì per tre anni, creando una macchia vischiosa che impataccherà la storia delle due nazioni asiatiche per tutto il resto del secolo, non trovando requie neppure nel nostro.

Hwang Sŏk-yŏng racconta la lotta per la sopravvivenza del signor Han, tacciato di essere una spia al soldo del governo comunista nordcoreano, la fuga, l’abbandono, la prigionia, lo sradicamento, la perdita di identità, la persecuzione, lo stigma: sono tutte stazioni di una esistenza tribolata, condizionata direttamente e indirettamente da un conflitto mai ufficialmente finito, ché, seppur il fuoco sia cessato nel 1953, fra le due nazioni che abitano la Penisola coreana non è mai stato siglato alcun trattato di pace.

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Un romanzo emblema di tutti i conflitti armati

La vita del dottor Han funge da metafora di tutte le esistenze devastate dalle guerre, di tutti gli scontri politici e ideologici del nostro tempo e accende un riflettore sugli strascichi che inevitabilmente lasciano le guerre, condizionando per generazioni i popoli e le economie e l’immagine stessa dei Paesi che decidono di imbracciare le armi.

Antonio Pagliuso