Recensioni: “L’arcobaleno nelle mani” di Aldo Mazza

La vita è un palcoscenico, arricchito dall’infinito passaggio di attori, scenografie, ambientazioni, protagonisti, antagonisti e comparse che si alternano i ruoli vicendevolmente, sviluppando così vari punti di vista e approfondimenti emotivi, sociali e storico culturali.

In L’arcobaleno nelle mani (edito Falco) Aldo Mazza muove in un paesino della provincia di Cosenza della prima metà del Novecento i suoi personaggi arricchendo il romanzo di scenari di quotidiana familiarità. La scelta di introdurre la narrazione da un luogo che tutti detestano, ma a cui tutti sono destinati, il cimitero, descrivendolo più come un luogo di vita che di morte, dove si incontrano persone e le loro storie, intrecciate ai cari cui si fa visita e anche a chi si muove in quegli spazi con le stesse motivazioni, una vera e propria terra di transizione per anime e corpi. Un luogo che dev’essere realizzato e custodito, nel rispetto di quello che è il valore comune e, soprattutto il valore della vita.

Uno dei temi trattati nel romanzo è la società e le sue differenze di casta, sviscerata nei vari riferimenti delle comparse del romanzo; dal contadino, all’addetto comunale, al nobile e al farmacista, racchiuso in un piccolo borgo dove si conosceranno anche la miseria e le peggiori crudeltà. Ma in ogni personaggio, oltre l’apparenza compunta di etichette sociali macchiate dei peggiori delitti morali, riemerge un’identità personale forte, ricca di sofferenze, rinunce, compromessi e sogni calpestati, tutto per interpretare il ruolo che la vita ha scelto per loro, un’imposizione così bieca e a dir poco naturale da far rabbrividire. Questo sarà maggiormente aggravato dall’arrivo della guerra nel 1940.

L’autore riesce a esplicitare problemi purtroppo ancora attuali e molto forti celati dalle discriminazioni e dalle ingiustizie che hanno assunto nuove vesti rispetto al passato, ma tremendamente feroci e brutali. La violenza e gli abusi all’interno delle famiglie, che non fanno nessuna distinzione a livello sociale e passano dalla violenza fisica a quella psicologica.  A quelle morti annunciate di cui tutti sanno e inconsapevolmente omettono questa realtà sconfinandola in qualche parte nascosta della memoria, sino a quando l’atto o l’evento tanto rimosso si palesa in uno degli scenari più crudeli e violenti, che non danno spazio a nessuna omissione di pensiero.

Aldo Mazza invia altresì dei messaggi positivi e di valore sociale, rendendo protagonista lo studio e il valore che ne consegue per migliorare il futuro materiale e morale di un individuo, descrivendo come fare del bene al prossimo si possa identificare con il promuovere l’alfabetizzazione e la diffusione di lettura e cultura, per stimolare l’autonomia di pensiero delle future generazioni, permettendo così di cambiare il loro destino e di conseguenza quello sociale. Perché la cultura rende liberi.

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E soprattutto il valore dell’amicizia che si esprime nella reciproca stima e affetto, poiché l’amicizia è alla base della socialità e della crescita che nel confronto stimolerà l’identità personale. Perché ci si accetta per ciò che si è nella propria natura in un legame di stima che fa accettare anche i difetti, un po’ la base del rispetto di ogni rapporto interpersonale, anche amoroso. Come un variopinto arcobaleno reso unico proprio perché costituito da colori differenti.

“Tutto il mondo è un palcoscenico e gli uomini e le donne sono soltanto attori. Hanno le loro uscite e le loro entrate e nella vita ognuno recita molte parti.” (William Shakespeare)

Simona Trunzo